Maine Coon e HCM

18.02.2014 16:33

 

CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA

La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia cardiaca di origine ereditaria che può essere presente nel gatto. 

 

 

 " In questo articolo cercheremo di spiegare in parole semplici cos’è la cardiomiopatìa ipertrofica (meglio nota con l’acronimo inglese HCM - Hypertrophic Cardio-Miopathy), senza entrare nello specifico di alcuna razza ma concentrandoci su come si manifesta, come si trasmette, come individuarla nella proprie linee e come trattarla.

 

Che cos'è l'HCM

 

La cardiomiopatìa ipertrofica (nel seguito HCM) è la più comune patologìa cardiaca del gatto e, quindi, può colpire meticci e gatti di tutte le razze, in qualunque momento della loro età adulta.

Questa patologia consiste, tipicamente, in un inspessimento delle pareti del ventricolo sinistro del cuore. L’inspessimento può comporta due tipi di conseguenze sulla struttura e sulle funzionalità  del cuore: la prima è un aumento delle dimensioni del muscolo cardiaco che diventa sempre meno capiente e meno elastico e, quindi, sempre meno in grado di pompare la giusta quantità di sangue, alterando il flusso circolatorio; la seconda è la compromissione di alcune valvole cardiache che, chiudendosi, posizionandosi male o fuoriuscendo possono provocare soffi, aritmie, arresti circolatori.

È importante sottolineare subito che una ipertrofìa delle pareti ventricolari potrebbe essere causata anche da altre patologìe (es. ipertensione sistemica, ipertiroidismo) ed è per questo motivo che si stabilisce una diagnosi di HCM solo in assenza di altre malattie primarie.

Al momento, sono diverse le razze i cui soggetti vengono sistematicamente testati per l’HCM (Maine Coon, Ragdoll, Sphinx, Sacri di Birmania, Angora Turchi, Norvegesi delle Foreste) ma è importante ricordare che, essendo una malattia propria della specie felina, potrebbe esserne affetto un esemplare di una qualunque razza.

 

Le caratteristiche genetiche dell'HCM

 

Sebbene le origini dell’HCM felina non siano ancora state definitivamente chiarite per tutte le razze, si ritiene che essa si trasmetta con modalità analoghe a quelle riscontrate nell’HCM umana, avendo storia evolutiva e sintomatologìa comuni. Si tratterebbe, quindi, di una malattia ereditaria autosomica in grado, cioè, di colpire indifferentemente entrambi i sessi. È una caratteristica dominante, per cui è sufficiente che uno solo dei genitori sia portatore della malattia perché venga trasmessa alla prole e ciò che la rende veramente insidiosa è la possibilità che un portatore resti asintomatico per tutto l'arco della sua vita, pur producendo cuccioli malati e destinati ad una morte prematura e, a volte, assai dolorosa. In altre parole, un gatto potrebbe non manifestare mai alcuna alterazione cardiaca pur essendo un portatore di HCM: statisticamente, almeno la metà dei suoi figli, anche quando il micio venisse accoppiato con femmine diverse, sarà portatore della malattia e alcuni di questi (se non tutti) potrebbero morire precocemente a causa della stessa.

La malattia si esprime in modo estremamente variabile tra un gatto e un altro, tanto che due fratelli nati da uno stesso genitore portatore, possono sviluppare la malattia con modalità completamente indipendenti: uno potrebbe morire improvvisamente attorno all’anno di età stroncato da un collasso cardiocircolatorio, l'altro potrebbe ammalarsi a cinque anni o, addirittura, non sviluppare mai la malattia pur essendone, a sua volta, portatore per la prole e continuando a trasmetterla alle generazioni successive, con tutti i rischi che ne conseguono.

 

I sintomi

 

Purtroppo, la variabilità con cui questa patologìa può presentarsi, rende difficile definire una sintomatologìa tipo: ci sono mici che, nelle forme più severe, muoiono stroncati da un arresto cardiaco da un momento all'altro; altri muoiono tra indicibili sofferenze fisiche, a causa della formazione, all’interno del cuore, di coaguli di sangue che, staccandosi, possono dare origine ad emboli con conseguente trombosi, spesso responsabile di paralisi che spesso interessano gli arti inferiori fino all’arresto di tutto il sistema cardiocircolatorio.

Un’altra sintomatologìa diffusa riguarda gatti inizialmente colpiti da difficoltà respiratorie dovute ai liquidi che si concentrano nei polmoni. Nei più “fortunati” la malattia ha una progressione più lenta per cui manifestano aritmie più o meno gravi, soffi cardiaci, ritmo respiratorio accelerato e, a meno che la malattia non degeneri inesorabilmente e in poco tempo, le loro condizioni generali possono essere controllate farmacologicamente anche per diversi anni. Questi mici, purtroppo, sono solo una minoranza perchè l'HCM è e resta una malattia prettamente degenerativa e letale per il gatto, come per l'uomo.

 

L'HCM nell'allevamento

 

Come ampiamente anticipato, l'HCM è una patologìa comune nella specie felina e, per questo motivo, non possiamo stupirci se molte delle razze correntemente allevate hanno problemi di diffusione di questa tara.

Per questo motivo, è fondamentale promuovere all'interno del proprio allevamento dei programmi  di screening che mirino ad individuare il più precocemente possibile i riproduttori portatori della malattia e ad escluderli immediatamente dalla selezione, onde evitare l’ulteriore diffusione della tara all’interno delle proprie linee.

È superfluo sottolineare come, di fronte ad una morte improvvisa e apparentemente inspiegabile di un proprio gatto, l’esame autoptico è d’obbligo per dissipare tutti i dubbi circa le cause.

 

In cosa consiste il test

 

Ad oggi, l'unico strumento diagnostico in grado di individuare con certezza un gatto malato di HCM che ne manifesti i sintomi clinici è lo screening con ecocardiodoppler eseguito da un cardiologo specializzato. Questo tipo di analisi ha l'obiettivo di valutare lo spessore delle pareti cardiache e l'andamento del flusso sanguigno. Ogni riproduttore dovrebbe essere testato non prima dei 12 mesi di età e, comunque, prima che venga fatto riprodurre.

L'esito di uno screening ecografico potrà essere di tre tipi:

 cuore normale, nessuna alterazione riscontrata: in questo caso, potrete far riprodurre il vostro gatto. Tuttavia, dovrete ripetere il test anche negli anni successivi con una cadenza che dipende dalla razza allevata e dal sesso (in alcune razze, i maschi sono più precoci nel manifestare la malattia). Proseguire con lo screening anche negli anni avvenire è fondamentale, almeno fino a quando il gatto viene mantenuto nel programma di allevamento (ma per gatti particolarmente importanti, sarebbe meglio proseguire ad oltranza).

- i valori sono al limite e siamo in presenza di un cuore in condizioni sospette: in questo caso il gatto non va fatto riprodurre subito, ma andrà ritestato dopo sei mesi per verificare se ci sono state delle variazioni in positivo o in negativo nelle sue condizioni. Nel primo caso, si ricadrà nel punto precedente, nel secondo saremo di fronte ad un gatto sintomatico e quindi malato.

- il cuore dimostra un inspessimento che, in assenza di altre patologìe, porta ad una diagnosi di HCM: in questo caso il gatto malato non andrà fatto assolutamente riprodurre, dovrà essere sterilizzato e seguìto costantemente nell'arco di tutta la sua vita per tenere sotto controllo, se possibile, il decorso della malattia.

 

Cosa fare se un gatto si ammala o muore.

 

Nel momento in cui ad un vostro riproduttore o ad un gatto da voi ceduto dovesse essere diagnosticata l’HCM, è importantissimo ricordare che il problema non è solo del gatto in questione ma dell’intero ceppo familiare perchè per ogni soggetto che si ammala o muore c’è un genitore (o entrambi) che ha trasmesso la tara e una intera discendenza che geneticamente la eredita!

Nel caso di un gatto con HCM conclamata, dunque, subito dopo la sua necessaria sterilizzazione, sarebbe buonissima norma che venissero costantemente monitorati anche eventuali fratelli, sorelle e figli (meglio sarebbe se venissero tolti dalla riproduzione anch'essi il prima possibile perche’ geneticamente a rischio) e che i genitori della sua cucciolata d’origine non venissero mai più accoppiati tra di loro. Essendo una malattia a trasmissione ereditaria, se un gatto risulta positivo lo è necessariamente anche uno dei due genitori (o entrambi!) per cui sarebbe caldamente raccomandabile, consigliabile e saggio escludere anche loro dalla riproduzione.

 

Perché è importante testare

 

In precedenza, abbiamo detto che la patologìa si può rendere evidente in un arco di tempo estremamente vasto che va dall'anno agli otto e oltre. Questo rende particolarmente difficoltosa l'attività di prevenzione perchè un gatto potrebbe aver già prodotto diverse cucciolate nel momento in cui manifesta la tara e potrebbe, quindi, già averla trasmessa ai suoi figli.

 

Tuttavia, esistono una serie di validissime ragioni per cui testare i propri riproduttori.

La prima ragione è dettata dalla statistica: più sono le generazioni di gatti negativi alle spalle di un gatto, più possiamo avere la speranza che la linea che stiamo costruendo sia una linea “pulita”.

L’opera di screening verso l’HCM (così come di altre patologìe geneticamente simili, tipo il rene policistico), va interpretata non solo sulla singola cucciolata o sul singolo accoppiamento ma in un arco di tempo che investe diverse generazioni e, possibilmente, il più alto numero di gatti.

Vale la pena sottolineare che anche dietro una linea pulita, un caso di HCM può sempre capitare perchè, come detto all’inizio, si tratta di una patologìa insita nella specie felina, impossibile da debellare completamente, com’è impossibile nell’uomo: tuttavia, quello che conta davvero, è arrestarne la diffusione con l’avanzare delle generazioni. Un conto è avere a che fare con un singolo, sfortunato caso che non inficia il buon lavoro, l’impegno, l’onestà etica dell'allevatore; un altro conto è nascondere la testa sotto la sabbia e insistere nel lavorare con una linea che, nel tempo e inevitabilmente, dimostrerà sempre più spesso e con sempre maggiore dolore per tutti, le sue falle genetiche.

Oltre a questo, ci sono delle ragioni etiche ed umane che dovrebbero spingere ciascuno di noi ad allevare nel modo più consapevole e più responsabile che si possa:  si tratta di rispetto verso la razza e i soggetti che noi, volontariamente e liberamente, abbiamo deciso di allevare; si tratta di responsabilità nei confronti dei cuccioli che nascono, affinché non debbano pagare le colpe della nostra superficialità; lo stesso rispetto lo dovremmo anche alle famiglie presso cui i nostri cuccioli andranno a stare perché ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha sperimentato quanto devastante possa essere il dolore provocato dalla scomparsa di un micio che amiamo. Si tratta, infine, del significato stesso del termine “allevamento”. Magari, se un cucciolo nato da noi muore di HCM non è “colpa” nostra (la “colpa” non è di nessuno, soprattutto quando si fa tutto ciò che è in nostro potere per evitarlo o, almeno, per prevenirlo) ma abbiamo scelto noi  di allevare, in totale libertà, per cui prendiamoci gli onóri delle cucciolate e dei palchi in esposizione, ma anche e soprattutto gli òneri derivanti dalla scelta di misurarci quotidianamente con le regole della vita (e della morte). "

 

 

 

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